Pagina pubblicata in data
5 luglio 2024
Aggiornata il 6 luglio 2024
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Il primo incontro che ho avuto con la raffigurazione di due statue di quelli che sono conosciuti come "i dodici generali celesti" è avvenuto presso il Museo d’Arte Orientale di Venezia.
Uno dei due luoghi che più amo della città (l’altro è il Museo di Scienze Naturali) e che sembra (il condizionale è d’obbligo) entro il 2025, grazie a un investimento di 10 milioni di euro, sarà spostato presso l’ex chiesa di San Gregorio in zona Salute.
La nuova sede del museo dovrebbe permettere di esporre il doppio delle opere oggi in esposizione. Infatti, il museo ospita nei propri magazzini una delle collezioni di arte orientale più ricche d’Europa. Che oggi è un po’ “sacrificata” dagli spazi in cui è ospitata.
Il museo lascerà così libero l’ultimo piano di Ca’ Pesaro, che sarà destinato all’ampliamento della Galleria Internazionale d’Arte Moderna.
La sala IV del museo di arte orientale conserva alcune fra le opere più preziose della propria collezione.
Fra queste opere spiccano due sculture lignee policrome giapponesi del periodo Kamakura (1185 d.C. - 1333 d.C.), raffiguranti due dei dodici generali celesti protettori del Buddha Nyorai. Realizzate probabilmente dagli scultori della scuola Kei attivi nella città giapponese di Nara.
Grazie al fatto di essere nato a Venezia sento di avere l’enorme fortuna di poter accedere al museo gratuitamente ogni qual volta ne ho voglia. Questo mi ha portato a visitare il museo talmente tante volte da ricordare quasi a memoria i pezzi esposti.
La prima volta che ho visto queste due statue non sapevo cosa rappresentassero e la "storia" che le aveva generate. Fin dal primo momento, però, le statue lignee dei due generali hanno esercitato su di me un enorme fascino. Mi sono soffermato a lungo a osservare i più piccoli dettagli, come, ad esempio, le "screpolature" sulla superficie del legno di cui sono fatte.
La cura, la raffinatezza, l’eleganza con cui sono state realizzate mi impressionano da sempre. Sembra, infatti, quasi impossibile essere davanti a degli oggetti in legno realizzati quasi ottocento anni fa.
Quante occhi si sono posati su queste statue? Quante persone nel corso dei secoli hanno affidato i loro pensieri a quest’ultime?
Riflettere sul fatto che queste statue esistevano ben prima della mia nascita, e che continueranno a esistere a lungo dopo la mia scomparsa, mi ha sempre fatto riflettere sul senso del tempo della nostra vita su questa Terra. Un vero e proprio battito d’ali di farfalla messo a confronto con il loro.
La mia spiccata curiosità, la stessa che mi ha portato a creare questa rivista, mi ha portato a scoprire la storia legata ai soggetti che queste statue rappresentano.
La domanda però è: perché parlarne in una rivista dedicata al 太極拳 tàijí quán e più in generale alle arti marziali tradizionali cinesi?
Un po’ di pazienza... fra qualche riga ci arriviamo.
In Asia, in particolare nei Paesi dell’Asia orientale, i dodici generali celesti (anche conosciuti come dodici generali divini), sono delle divinità protettrici del buddismo.
Sono identificati con la parola "yaksha", con la quale si fa riferimento a un’ampia classe di spiriti della natura, di solito benevoli, a volte maliziosi o capricciosi, presenti nella cultura religiosa indù, in quella gianista e in quella buddista.
Questi spiriti celesti avevano e hanno ancora oggi un unico compito: quello di proteggere Bhaiṣajyaguru.
Bhaiṣajyaguru è una parola sanscrita il cui significato è: "maestro della medicina". In cinese è conosciuto con il nome di 藥師佛 yàoshī fó.
藥師佛 yàoshī fó è noto anche come Buddha della medicina o maestro delle cure.
È il Buddha che rappresenta la medicina e il suo potere curativo. Non è da confondere con Bhaiṣajyarāja, il bodhisattva detto Re della Medicina.
Qui sopra ho riportato un’immagine di una statuetta in cui il Buddha della medicina è rappresentato in vesti monastiche, con la mano destra che offre il frutto del mirobalan (terminalia chebula) mentre la sinistra è posata in grembo e regge la ciotola delle pillole curative la cui preparazione è ispirata alle teorie della medicina indiana e cinese, oltre che all’esperienza erboristica e alle credenze magiche proprie della cultura tibetana. Come nella statuetta, il Buddha della medicina è rappresentato spesso con il colore blu, il colore dei lapislazzuli. Il colore blu è un’immagine "energetica" del suo potere di guarigione, non solo dalle malattie fisiche, ma anche dai nostri limiti interiori, soprattutto psicologici, che ci creano sofferenza.
藥師佛 yàoshī fó è descritto, per la prima volta, nel Bhaisajyaguru-sutra, il "Sutra del Maestro della Medicina".
Il sutra della medicina, in estrema sintesi, è composto da tre parti. La prima descrive i dodici grandi voti che il Budda della medicina fece quando era un giovane buddisattva per entrare stabilmente nel sentiero che lo avrebbe portato all’illuminazione. I voti sono dodici impegni attraverso i quali si pone il compito di aiutare gli altri esseri a raggiungere lo stato del perfetto risveglio.
La seconda parte descrive i meriti e ciò che è possibile raggiungere con la pratica.
La terza parte descrive il ruolo e le specifiche attività dei dodici generali che sono al servizio del Budda (su cui mi soffermerò a breve).
Sutra è una parola deriva dal sanscrito sūtra (in pāli sutta) che significa letteralmente "filo". Nel suo senso originale indica una "breve frase", un "aforisma". Parola usata nella cultura indiana per indicare l’assieme di insegnamenti sapienziali espressi in modo breve e sintetico. Con i secoli ha ampliato il suo senso sino a indicare componimenti molto estesi e articolati.
Come raccontato nel "Sutra della medicina", il Budda della medicina, 藥師佛 yàoshī fó, è protetto da dodici spiriti, raffigurati come dei guerrieri, noti in lingua cinese con il seguente appellativo: 十二神將 shí’èr shén jiāng, la cui traduzione è: dodici generali divini o dodici generali celesti.
Ogni generale celeste è caratterizzato da una rappresentazione iconografica precisa, da una personalità unica e da un nome proprio.
Ognuno di loro rappresenta l’adempimento di uno dei dodici voti del Budda, il cui compimento porta alla “liberazione”, all’illuminazione.
I generali celesti rappresentano la capacità di sottomettere i nostri vizi, le nostre debolezze umane, generalmente molto forti, e soprattutto la nostra capacità di distruggere tutti i demoni malvagi che ogni giorno ci assediano. Per questo motivo sono sempre rappresentati con le sopracciglia alzate e con un volto che manifesta rabbia e ira, e con un aspetto feroce e terrificante.
Proprio a simboleggiare il loro compito di "guardiani", in Cina, con il passare del tempo ognuno di essi è stato associato a una precisa ora del giorno e della notte. In una sorta di staffetta atta a proteggere il praticante buddista in ogni momento del giorno e della notte dai pericoli della vita terrena.
Nell’antica Cina, il giorno era diviso in 12 ore. Ognuna di queste equivaleva a circa due delle moderne ore di sessanta minuti. I dodici generali celesti furono associati a ognuna di esse.
Un altro elemento che caratterizza ogni generale è che sul loro capo è presente una corona, la quale simboleggia proprio il dominio della divinità sull’ora e sul segno zodiacale a essa associato. Infatti, i dodici generali sono associati anche ai dodici animali dello zodiaco cinese.
È importante sottolineare che le caratteristiche iconografiche che individuano l’aspetto dei dodici generali cambiano da tradizione a tradizione. Non è, quindi, possibile descrivere in modo univoco e assoluto l’iconografia di ogni singolo generale celeste.
Volendo fare un parallelismo con la cultura occidentale, è come avviene nell’ambito delle raffigurazioni degli apostoli e di Cristo. In base alla zona geografica e alla cultura, mantenendo elementi comuni la loro rappresentazione “grafica” subisce delle variazioni.
È possibile, però, dare una descrizione generale di ognuno di essi sia dal punto di vista iconografico che “caratteriale”, con la consapevolezza che si tratta di una descrizione che può presentare delle variazioni in base alla corrente buddista e/o alla zona geografica dove è professato il culto.
Questo avviene, ad esempio, nelle statue che raffigurano il Buddha. Le loro peculiarità stilistiche dipendono molto dalla tradizione culturale in cui l’opera è stata prodotta.
Per la stesura di questo articolo mi sono valso della collezione di statue lignee presenti nel Museo Nazionale di Nara, Giappone.
Nara è uno dei più antichi siti storici del Giappone. Fu, fra l’altro, la capitale dello Stato giapponese dal 710 d.C. al 784 d.C.
Il museo è noto per la sua collezione di arte buddista, che comprende immagini, sculture e altari provenienti dai templi dell’area circostante.
Il motivo per cui ho scelto questa serie di statue, fra le tante disponibili, è che le statue lignee dei dodici generali celesti appartengono allo stesso periodo storico delle statue conservate presso il Museo d’Arte Orientale di Venezia. Non solo. Probabilmente provengono proprio dalla scuola artigianale di Nara.
In rete è possibile reperire differenti rappresentazioni dei dodici generali celesti, che alle volte si discostano (e anche di molto) da quelle qui presentate.
Per questo motivo, ci tengo a precisare, che le informazioni qui riportate vanno prese come una indicazione generale, e non come un valore assoluto.
Un aspetto che non deve "sorprendere", ma anzi confermare una tendenza che ha sempre segnato la storia dell’arte religiosa in ogni angolo del pianeta. In particolare, nell’iconografia di una "divinità".
Ma qual è il punto di congiunzione fra i dodici generali celesti e il 太極拳 tàijí quán? È giunto il momento di svelare questo piccolo ":mistero".
I praticanti di 太極拳 tàijí quán dello stile 陳 chén aprono le loro 套路 tàolù con la figura chiamata 金剛搗碓 jīngāng dǎo duì. Generalmente tradotta in italiano con la frase "il guerriero di Buddha pesta il mortaio".
Chi è questo guerriero di Buddha? Dopo la lunga introduzione credo che sia facile intuirlo. La risposta è abbastanza semplice.
In lingua cinese la parola 金剛 jīngāng oltre a identificare nel linguaggio moderno il personaggio di King Kong, è la traduzione del termine sanscritto vajra, che significa sia fulmine che diamante.
La parola vajra indica anche l’oggetto utilizzato nei riti induisti e in quelli del buddismo tibetano, oggetto che rappresenta per l’appunto il fulmine e/o il diamante. Questo oggetto ha generalmente la forma di un pestello. Alle volte può presentare uno dei due estremi a forma di punta di coltello, apparendo simile a una sorta di "pugnale".
Con la parola 金剛 jīngāng si indica anche il nome del guerriero che tiene nella mano il vajra, e cioè Vajra (in sanscrito) e 金剛 jīngāng in cinese.
Vajra è uno dei dodici generali celesti che proteggono il Buddha della medicina. La traduzione, letterale, della figura 金剛搗碓 jīngāng dǎo duì è la seguente: Vajra [generale celeste di Buddha] attacca pestando con il pestello. Da qui il nome della figura "Il guerriero di Budda pesta il mortaio".
Vajra, 金剛 jīngāng, è associato al bue dell’oroscopo cinese. Volendo, quindi, seguire la sequenza degli animali dell’oroscopo cinese: topo, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, capra, scimmia, gallo, cane e maiale, Vajra è il secondo generale.
毘羯羅 píjiéluó, nome sanscritto Vikāla o Vikarala. È patrono del tempo del cambio del giorno, dalle 23:00 alle 1:00 (子時 zǐshí). Il suo corpo può essere di colore blu o bianco. Il suo volto manifesta rabbia. Indossa una corona decorata con un topo (associazione con il topo dello zodiaco). Generalmente una delle due mani è puntata verso il basso mentre l’altra tiene tre cobalti, in un gesto che sembra voler tirare la "manica" dell’altro braccio.
伐折羅 fázhéluó, nome sanscritto Vajra. In Cina è anche conosciuto come 金剛 jīngāng. È la divinità guardiana del "brutto tempo" (non in senso meteorologico), cioè il periodo del giorno che va dalle 1:00 alle 3:00 (醜時 chǒushí). Conosciuta anche come "il canto del gallo". Il corpo del dio è spesso di colore rosso ed è rappresentato iracondo. Indossa una corona che lo associa al bue. Nella mano destra tiene una spada senza punta, mentre la mano sinistra è rappresentata con il palmo sinistro aperto che tiene la punta della spada. Alle volte la spada assume la forma di una sorta di "bastone" a rappresentazione del fulmine. Oppure tiene direttamente in mano il vajra.
真達羅 zhēndáluō, il suo nome sanscrito è Cidāla. È la divinità guardiana del tempo che va dalle ore 3:00 alle ore 5:00. L’ora dell’inizio della vita, l’ora della tigre (寅時 yínshí). Il suo volto è particolare. Ha uno sguardo contemporaneamente sorridente e arrabbiato. Indossa una corona associata alla tigre. La versione presente nel museo di Nara presenta un tridente anziché una mazza/bastone.
摩虎羅 móhǔluō, nome sanscrito Mahāla. È la divinità protettrice dell’alba, dalle 5:00 alle 7:00 (卯時 mǎoshí). L’ora del coniglio. Animale a cui è associato. Il suo corpo può essere di colore blu o verde. Leggermente collerico i suoi capelli sono rossi e salgono verso l’alto. È spesso rappresentato con la mano sinistra aperta posta sopra gli occhi nel gesto di guardare a distanza mentre nella mano destra tiene un’ascia.
波夷羅 bōyíluó, il suo nome sanscrito è Pāyila. È la divinità a protezione della fascia oraria che va dalle 7:00 alle 9:00 del mattino, è l’ora del mattino presto, quella del drago (辰時 chénshí). Il suo corpo è spesso bianco e di color carne, con un aspetto iracondo. Porta una corona che lo associa al drago. Può essere rappresentato con il braccio destro piegato e con la mano destra chiusa a pugno che tiene una freccia. La mano sinistra tiene un arco. Nella serie del museo di Nara è rappresentato con una perla nella mano destra.
因達羅 yīndáluó, il suo nome sanscrito è Indāla. È la divinità che presiede l’ora che va della 9:00 alle 11:00, il cui significato "è il tempo" (已時 yǐshí). Il suo corpo può essere di colore rosso, la sua corona è associata al serpente. Un braccio può essere piegato con la mano chiusa a pugno appoggiato alla vita, mentre l’altra mano tiene un tridente. La statua della collezione di Nara compie lo stesso gesto. Non è presente però il tridente.
珊底羅 shāndǐluó, nome sanscrito Saṃthila. È la divinità guardiana dell’ora di mezzogiorno dalle 11:00 alle 13:00 (午时 wǔshí). Il suo corpo è di colore rosso. Il suo volto ha un atteggiamento sorridente. La sua corona lo associa al cavallo. Tiene in una mano un’arma corta. Può assomigliare a un vajra con lame, o una sorta di asta di ferro corta che potrebbe essere interpretata come la punta di una lancia o una lama tozza.
頞儞羅 ènǐluó, nome sanscrito Anila. Presiede l’ora che va dalle 13:00 alle 15:00, l’ora della capra (未時 wèishí). Il suo corpo è di colore bianco. È iracondo e ha i capelli che salgono verso l’alto. La sua corona lo associa alla capra. È spesso rappresentato nell’atto di controllare la fattura di una freccia. Una mano tiene le piume della freccia mentre l’altra tiene la punta. È anche spesso rappresentato con le braccia che compiono un gesto particolare, quasi marziale. Un braccio esteso verso il basso mentre l’altro piegato verso il braccio esteso. Nella statua della collezione di Nara il braccio piegato porta la mano alla bocca.
安底羅 āndǐluó, nome sanscrito Antira. Presiede l’ora che va dalle 15:00 alle 17:00 (申時 shēnshí). Il suo corpo può essere di colore rosso, dall’aspetto dalla forma iraconda, indossa una corona che lo associa al segno zodiacale scimmia. È rappresentato alle volte con un tridente (come nella collezione di Nara) o con una sorta di bastone che assomiglia a una mazza.
迷企羅 míqǐluó, nome sanscritto Mekhila. Presiede l’ora dalle 17:00 alle 19:00 (酉時 yǒushí). Il suo corpo è di colore rosso ed è descritto irato. La sua corona lo associa al gallo. È rappresentato generalmente con una spada o una sciabola.
招杜羅 zhāodùluó, il suo nome sanscrito è Caundhula. Presiede l’ora dalle 19:00 alle 21:00 (戍時 shùshí). Il suo corpo è di colore blu o verde. È rappresentato arrabbiato, con capelli folti. La sua corona lo associa al segno zodiacale del cane. È rappresentato con un tridente o con una spada.
宮毘羅 gōngpíluó. Nome sanscrito Kuṁbhīra. Il suo corpo è spesso di colore rosso, è rappresentato arrabbiato e la sua corona lo associa al segno zodiacale del maiale. La mano destra sorregge una grande spada mentre la mano sinistra è con il palmo aperto appoggiata alla vita. Presiede l’ultima ora del giorno. Quella che va dalle 21:00 alle 23:00 (亥時 hàishí).
La pratica di una qualsiasi forma di 太極拳 tàijí quán è anche il perpetrare, il mantenere viva, una tradizione. La tradizione in cui la 套路 tàolù è nata.
Ogni qual volta che un praticante di 太極拳 tàijí quán dello stile 陳 chén esegue la figura del 金剛搗碓 jīngāng dǎo, ricorda il generale celeste Vajra, che attraverso il vajra, protegge dalle malattie e dagli spiriti malvagi nell’ora più "brutta", fra 1:00 del mattino e le 3:00 del mattino le persone.
Pratica la tua conoscenza.
實踐真知
shíjiàn zhēnzhī
Francesco Russo
BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".
Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).
Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).
Oggi studia, pratica e insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.
Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.
Nel 2021 decide di dare vita alla rivista Spiralis Mirabilis, una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.
一口氣。一套太極拳。一個世界。
Yī kǒuqì. Yī tào tàijí quán. Yīgè shìjiè.
龍小五
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